Ci capita spesso di essere contattate da famiglie, o da altri operatori perchè non sanno come fare per i “problemi di pronuncia” del bambino, in particolare del bambino autistico o con disturbo pervasivo dello sviluppo. “Come faccio ad insegnargli la S?” – “Non mi dice la L.”
Si tratta di un equivoco antico, che riguarda la professione del logopedista in generale, più che la terapia specifica per l’autismo. Vero è che siamo “nate” come ortofoniste (è ancora oggi è così che si chiamano le nostre colleghe francesi). Anche per gli anglosassoni siamo Speech Therapist , quindi specialisti dell’eloquio: nei simboli PCS (Picture Communication Symbols) dell’americana Mayer–Johnson (www.mayer–johnson.com) il logopedista è rappresentato con il suo strumento “elettivo” di lavoro: lo specchio! Quando va meglio ci sono anche delle carte, ovviamente da denominare correttamente!
La nostra area di intervento invece, e per nostra fortuna, è molto più ampia: siamo specialiste della comunicazione e del linguaggio (verbale o meno).
Il linguaggio, non è solo parola, e non è affatto detto che l’articolazione sia l’unico ostacolo comunicativo che gli altri operatori (educatori, psicomotricisti, supervisori ABA) non sono in grado di superare: siamo veramente sicuri che di tutto il resto (comprensione verbale, competenze morfosintattiche, abilità lessicali, competenza pragmatica e comunicativa) qualcuno si stia già occupando?
Così, quando arriva un bambino con la richiesta di “aggiustare qualche fonema”, abbiamo il brutto vizio di fare un bilancio logopedico completo, di valutare cioè il linguaggio e la comunicazione nei suoi vari aspetti; sia che ci si trovi di fronte ad un problema di linguaggio conclamato e diagnosticato, come nell’autismo, sia che si tratti di un bambino che sta finendo la scuola dell’infanzia e si prepara all’ingresso in scuola primaria (in questo caso il bilancio comprende anche la valutazione dei prerequisiti per l’apprendimento della letto-scrittura).
In altre parole, nel lavoro di rete che ci viene richiesto, così come nelle consulenze agli interventi ABA, possiamo, lo speriamo, mettere in gioco tutte le nostre competenze su comunicazione e linguaggio, e non solo quelle di “aggiusta-fonemi”!
17 marzo 2011 at 17:44
Già!Far capire che spesso l’aggiustamento dei fonemi viene quasi da sè se si pone attenzione a tutta la dimensione comunicativa del bambino, a quello che dice e non a come lo dice…e pensare a quante volte il nostro lavoro è soprattutto da farsi coi genitori!
Una mia collega sta organizzando degli incontri formativi con gruppetti di genitori, per es. su come stimolare l’evoluzione linguistica, la maturazione buccale, la struttura della frase, la gestione degli strumenti dsa… quanto “lavoro” si può fare a casa, non davanti ad uno specchio, ma stando insieme!