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Occhi per pensare

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Amedeo Modigliani, Jeanne Hebuterne

Discernimento, lingua, occhi, orecchi e cuore diede loro per pensare. (Siracide 17, 10)

Continua la nostra riflessione su pensiero visivo e comunicazione. Siamo logopediste fortunate: continuiamo a fare incontri interessanti che arricchiscono di nuove scoperte e pensieri nuovi il nostro lavoro quotidiano.

Siamo partiti da un’idea condivisa da molti: che il linguaggio verbale da solo spesso non sia sufficiente a veicolare messaggi diretti alle persone con autismo, e che le immagini (o i segnali visivi in genere) più di ogni altro mezzo sostengano il significato che vogliamo trasmettere. Ma quali sono i supporti visivi che il bambino comprende in modo quasi istintivo (senza doversi concentrare troppo) nelle situazioni complesse di tutti i giorni? Quali immagini sono per lui immediatamente significative? Hanno bisogno di essere apprese collegandole ad un contesto o le possiamo utilizzare in modo disinvolto ed efficace anche “a prima vista”?

Avevamo già trovato le risposte adatte a ciascuno, raccolte un po’ empiricamente (provandoci), nella nostra pratica clinica. Era difficile per noi tradurre la pratica in indicazioni generali che potessero guidare il logopedista alla scelta di questo o quel supporto visivo (oggetto, carta, simbolo, foto…) per la comunicazione quotidiana.

Abbiamo utilizzato Immaginario in modo molto diverso con ciascun bambino, ragazzo o adulto, in modo creativo ma poco sistematico, sapendo che in alcuni casi le foto sarebbero servite più dei simboli, o che la disposizione verticale e in sequenza dell’agenda poteva non essere sempre significativa, o che girare la carta al termine dell’attività per alcuni era meno efficace del simbolo della spunta (che lascia visibile l’attività appena conclusa).

A dicembre abbiamo avuto la fortuna di partecipare al corso organizzato a Concorezzo da Cascina San Vincenzo e Hogrefe e abbiamo così incontrato per la prima volta la dott.ssa Cristina Menazza, psicologa di Padova, traduttrice dell’edizione italiana del test ComFor (Hogrefe). Ci siamo sentite immediatamente di aver raccolto lo stesso bisogno delle persone con autismo, di cui il test costituisce una prima risposta: attribuire significato alla realtà e alla comunicazione. Il test consente di stabilire il livello di attribuzione del significato da parte del bambino ai supporti visivi e di scegliere quale formato utilizzare per la comunicazione visiva, in particolare per quella in entrata. Operare questa prima valutazione con maggior sistematicità ci permette di individuare in modo più preciso e individualizzato le migliori strategie visive per la comunicazione, risparmiando tempo ed evitando inutili insuccessi.

E da allora il ComFor, strumento di facile applicazione che arricchisce e completa la borsa degli attrezzi del logopedista che si occupa di autismo e di disabilità intelletive, ci sta permettendo di procedere in modo più puntuale nell’individuare i possibili utilizzi di Immaginario. Nei prossimi mesi concluderemo un primo studio sulla correlazione tra i due strumenti.

L’incontro tra ComFor e Immaginario ha iniziato a dare i suoi frutti. A Milano, il 13 e il 14 settembre, Hogrefe, con il Dosso Verde di Milano e Parole Tue, organizza il primo corso di due giornate dedicate a ComFor e Immaginario (programma e iscrizione). Sarà una buona occasione per ripartire dal concetto fondamentale del significato: le strategie visive devono essere comprese perché possano trasmettere significati (il ComFor ci aiuta a scegliere quali utilizzare e in che modalità) e nello stesso tempo, utilizzate nella quotidianità (Immaginario ci permette di farne un uso intensivo nei contesti di vita), aiutano ad organizzare i significati della realtà che spesso non riescono a passare dalla parola, ma vengono riconosciuti con gli occhi. E ogni bambino ha occhi diversi per pensare.

Vi aspettiamo numerosi!

 

 

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Un anno di Immaginario!

Per-tutte-le-lingue-del-mondo_GE2014_locandinaOggi, 6 marzo, è la Giornata Europea della Logopedia. Nelle comunicazioni ufficiali del 2014 leggiamo che le parole chiave e gli slogan per il diritto di parola in qualsiasi condizione ci riportano quest’anno al multilinguismo e alla multiculturalità.

Noi che abbiamo a che fare con i disturbi dello spettro autistico ogni giorno, ci rendiamo conto, sempre più spesso, che l’apertura alle altre culture, è la stessa che richiedono in qualche modo le persone con autismo: il loro modo di vedere le cose ed un particolare stile di pensiero, infatti, fanno apparire anche noi ai loro occhi persone di una “cultura diversa”, il più delle volte poco comprensibile.

E il diritto di parola è spesso confuso con il diritto di espressione, mentre si trascura troppo spesso il loro diritto di comprendere e di essere informati.

Un anno fa presentavamo Immaginario al Centro Mafalda Luce di Milano, in una sala piena di giornalisti, operatori, genitori, incuriositi quanto noi da questa nuova avventura italiana: la comunicazione visiva su mobile per le persone con autismo. Eravamo già allora fieri ed entusiasti di questo nuovo strumento a disposizione di genitori, insegnanti ed operatori.

Un anno dopo non possiamo che ricordare con commozione tutte le volte che un bambino ha capito, ci ha risposto, ha condiviso con noi un programma, ha scelto, ci ha portato l’iPhone nell’attesa che gli comunicassimo le nostre intenzioni,  ha aspettato che creassimo la sua carta e, con in mano un iPad, per prima cosa ha aperto Immaginario…

compleanno Immaginario

Carta creata con Immaginario in pochi secondi…

Un anno dopo non possiamo che ricordare con emozione le platee che ci hanno ascoltato con attenzione, durante le nostre presentazioni per l’Italia (Milano, Firenze, Vercelli, Torino, Sapri, Roma…), rivolgendoci commenti, complimenti, domande e incoraggiamenti.

Molte persone stanno dedicando ad Immaginario il loro tempo con generosità e li ringraziamo per avere creduto ed investito in questo progetto.

Grazie Immaginario! Grazie Finger Talks!


Parlare con le immagini

di Angelo Ruta da http://www.angeloruta.com

Le parole, dille… con parole tue! Che siano scritte, dette, segnate, disegnate, indicate, consegnate, mimate, purché siano comunicate!

Offriamo spesso il supporto visivo come possibilità di comunicare, in particolare nei disturbi dello spettro autistico.

L’immagine non inibisce la comparsa del linguaggio verbale, ma la sostiene, la incoraggia, spesso è l’unico mezzo a renderla possibile. Lo abbiamo toccato con mano raccogliendo gli atti comunicativi spontanei con la GRASC: bambini scarsamente verbali, pur avendo a disposizione le foto di tutto il materiale, utilizzano in percentuali molto alte il linguaggio verbale, più immediato, economico, che probabilmente costituisce la forma maggiormente stimolata dal contesto, familiare e non.

Ancor più sorprendente è il confronto tra due campioni di comunicazione dello stesso bambino, raccolti a distanza di un anno: le percentuali della forma verbale crescono avvicinandosi anche all’80% in più di un caso.

Parliamo di bambini che hanno avuto accesso al canale verbale molto tardi, per i quali purtroppo, nonostante questa preferenza per il verbale, rimane il problema dell’intelligibilità, aggravato dalle difficoltà che riguardano la prosodia.

Alcuni programmi di Comunicazione Aumentativa Alternativa, una volta che il bambino ha imparato a esprimere una richiesta indicando o consegnando una carta (ad esempio acqua), prevedono la combinazione di due carte, spesso introducendo un verbo (ad esempio voglio acqua). Questa espansione non migliora di molto la funzione e l’efficacia dell’atto comunicativo; tuttavia, costituendo il linguaggio visivo un grosso supporto per quello verbale, se il bambino scarsamente intelligibile aggiunge il voglio alla sua richiesta verbale, già poco chiara, questo aumento  potrebbe costituire un ostacolo all’efficacia comunicativa del suo atto, proprio perché potrebbe peggiorarne l’intelligibilità.

Questa riflessione, nata da una recente suggestione, ci suggerisce un approfondimento su questo tema: chi lavora con la comunicazione alternativa aumentativa nell’autismo, solitamente l’educatore, lo psicomotricista o lo psicologo, nel momento in cui emerge il linguaggio verbale e viene preferito ad altre forme espressive, manca di una competenza specifica che la figura del logopedista può e dovrebbe  portare all’équipe che opera scelte importanti per il bambino.

Ci piacerebbe sapere cosa ne pensate!