Dire, fare... capire!
di Norman Rockwell

Dire, fare... capire!

Il silenzio di questi mesi ci ha viste impegnate nelle nostre terapie quotidiane. La bellezza straordinaria del nostro lavoro è anche affacciarsi con discrezione nelle vite delle famiglie che incontriamo, ascoltarle, conoscerle, accoglierle e cercare di capire se qualcuna delle nostre competenze possa in qualche modo contribuire a migliorare la loro quotidianità.

In questo periodo, più che in altri, ho ammirato, quasi commossa, il lavoro in prima linea di genitori che stanno cercando di salvare i propri bambini dal silenzio della parola e della comunicazione nei disturbi dello spettro autistico. Con molti di loro stiamo cercando di prenderci un tempo per guardare, studiare, cercare di capire, la comunicazione ed il linguaggio del bambino, ma soprattutto il nostro modo di parlare e comunicare con lui. Mi sosprende ogni giorno di più la straordinaria capacità, spesso inconsapevole, dei genitori, di adattare, modificare, farsi capire dal proprio bambino, e sempre di più mi chiedo che fantastica risorsa potrebbero diventare se ne fossero maggiormente consapevoli.

Quali sono le difficoltà che incontriamo? L'argomento è troppo complesso per stare in un post. Di certo, durante i colloqui con le famiglie, i tentativi di condurre il discorso alla capacità di comprensione del proprio figlio, sono in molti casi fallimentari e le risposte dei genitori sono spesso disarmanti. Domandi loro in che occasione abbiano avuto la sensazione che il messaggio verbale modificasse un comportamento, e ti rispondono che ha imparato proprio bene ad impugnare la forchetta o che sa contare fino a tre. Tu vai avanti a chiedere cosa capisce, mamma e papà ti raccontano quello che il loro bimbo fa o quello che dice.

Riteniamo che questo percorso di consapevolezza da parte di un genitore, sulle abilità di comprensione verbale e non verbale del proprio figlio, sia un passaggio determinante per la crescita di un bambino con un disturbo autistico: probabilmente, a differenza di quanto pensavamo inizialmente, si tratta di un percorso nel quale madre e padre non vanno istruiti, ma accompagnati senza fretta, perchè possano, nella quotidianità, individuare le strategie adatte al loro bambino e metterlo così nelle condizioni di capire meglio il mondo.

Una collega psicologa proprio oggi, di ritorno da un importante evento sull'autismo e sulla disabilità, mi ha riportato questa convinzione, ribadita nuovamente da illustri relatori, che ha riassunto più o meno così: migliorare la comprensione del mondo, lavorando nello specifico sulla comunicazione, migliora i comportamenti, l'adattamento e la qualità della vita.

Sottoscriviamo in pieno!

Maria per Paroletue

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